1 Corinzi 11 - Siamo imitatori di Cristo

 

Predicatore: Raffaele Costagliola

Chi ha studiato musica sa che un accordo è una combinazione di almeno tre note di uno stesso elemento tonale. Per esempio, se vogliamo suonare l’accordo Do maggiore nella sua forma più semplice, oltre alla nota Do (fondamentale) dobbiamo suonare altre due note appartenenti a specifici intervalli successivi della stessa scala tonale: Mi (terza) e Sol(quinta). Questo per dire che esistono delle regole di successione di note ben precise per riuscire a suonare correttamente un accordo e la nota fondamentale (tonica) definisce le note successive. Se si sfugge da queste regole non si è in grado di suonare nessun accordo, ma solo rumori.

La chiesa, in un certo senso, può essere pensata come un’orchestra fatta di strumenti musicali, ognuno con le sue differenze e specificità, che suonano tutti una stessa melodia, tutti uno stesso accordo, la cui nota fondamentale è Cristo.

Paolo, nel testo di oggi, si rivolge alla chiesa di Corinto un po' come un maestro d’orchestra: in parte loda i corinzi per il loro impegno nel conservare le istruzioni che lui stesso aveva impartito e in parte li richiama all’attenzione (vv.2;17) perché non stavano suonando l’accordo Cristo “maggiore”, ma a causa del peccato stavano producendo solo rumori.

1 Corinzi 11

La prima cosa che fa Paolo è quella di richiamare l’attenzione su Cristo attraverso il suo esempio (v.1). Da buon maestro d’orchestra definisce la tonalità della melodia, la chiave musicale del pentagramma che permette di interpretare correttamente tutte le note successive: Cristo. Poi ci da almeno due insegnamenti: Siate imitatori di Cristo, comportatevi come discepoli di Cristo …

1.     per vivere mascolinità e femminilità rinnovate (vv.1,16);

2.     per riformare le relazioni all’interno della chiesa (vv.17-34).

1.      Mascolinità e femminilità rinnovate

Il primo accordo stonato è quello riguardante la mascolinità e la femminilità, non solo all’interno del matrimonio, ma in senso allargato comunitario. Paolo si serve della parola capo in senso metaforico per inserire questa questione all’interno di una cornice teologica relazionale (v.3) [ricordiamo la composizione di un accordo]: Dio capo di Cristo [intervallo fondamentale], Cristo capo dell’uomo [terzo intervallo] e l’uomo capo della donna [quinto intervallo]. In questa cornice la parola capo non deve essere associata ad un significato autoritario con accezione negativa di superiorità, ma piuttosto al significato fonte di vita (cfr. vv.8-9). Paolo non sta disegnando una linea gerarchica, ma relazionale.

In questa cornice relazionale esiste un ordine ben preciso Cristo viene dopo Dio, in quanto è Dio Padre che manda il Figlio, non viceversa. Cristo è soggetto al Padre. Tuttavia, il Figlio è della stessa essenza del Padre essendo eternamente generato dal Padre (Gv.1,14-18;14,11). L’accordo viene completato dallo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio (Gv.15,26; Gal. 4,6). Sebbene nessuno sia superiore all’altro, i loro uffici sono diversi e questa distinzione di ruoli viene sempre mantenuta, con il risultato di un accordo musicale perfetto.

Anche la relazione uomo-donna deve essere inquadrata con la stessa ottica trinitaria. La donna viene dopo l’uomo, in quanto creata dall’uomo per l’uomo (Gn.2,21-22), non viceversa (vv.8-9). Uomo e donna sono della stessa essenza (Gn.2,23) in quanto entrambi creature di Dio (v.12b) e nessuno è senza l’altro. Entrambi sono soggetti a Dio in Cristo. La donna viene dall’uomo, ma l’uomo esiste per mezzo della donna (v.12a). L’uomo e la donna appartengono alla stessa scala tonale di Dio e l’accordo musicale risulta armonico e completo solo se l’uomo e la donna occupano gli intervalli [terza e quinta] stabiliti e definiti da Dio. Solo così le nostre vite fioriranno e la gloria di Dio potrà essere diffusa come melodia o, rifacendoci al titolo della serie di predicazione, come profumo.

Con questa cornice risulta chiaro che il problema ai vv.4-6 non è tanto quello di avere in capo coperto o della sottomissione della donna, ma un problema relazionale. La donna non appariva mai in pubblico con un capo raso/scoperto; quindi, il capo scoperto veniva visto come un segno che la donna stesse agendo come un uomo. Se la donna agisce come un uomo, o viceversa, sta rompendo l’ordine relazionale stabilito da Dio.

Il vero problema riguarda il peccato che distorce il modo in cui il genere maschile/femminile viene percepito e vissuto. Capiamo, quindi, quanto il tema sia attuale per la nostra cultura. Come cristiani siamo chiamati ad esercitare un ruolo profetico: (1) condannando i modelli di mascolinità e femminilità distorti dal peccato: tanto quelli derivanti da una cultura occidentale patriarcale e violenta, quanto quelli postmoderni che rivendicano un’uguaglianza paritaria e piatta dei sessi. (2) Promuovendo una prospettiva biblica in ottica trinitaria in cui sono riconosciute le uguaglianze tra uomini e donne, ma anche rispettate e valorizzate le diversità in ottica di complementarità.

Questo è possibile solamente se seguiamo Cristo. Cristo ha vissuto una vita perfetta, ha portato a termine la sua vocazione senza mai ribellarsi all’autorità del Padre fino alla morte in croce. In Cristo abbiamo il perdono dei nostri peccati e il dono dello Spirito Santo che trasforma le nostre vite e sistema ogni nostra imperfezione anche riguardo la mascolinità e femminilità. Solamente in Cristo uomini e donne possono vivere delle relazioni redente, che si fecondano a vicenda senza mai invertire i ruoli, che vivono la complementarità in perfetta armonia.

Solamente in Cristo saremmo in grado di non emettere più rumori ma riposizionarci correttamente all’interno della scala tonale e suonare l’accordo maggiore della vita Cristiana. Solamente in Cristo possiamo vivere in maniera regale le vocazioni che Dio ci ha assegnati come uomini e donne. Come stiamo vivendo la mascolinità o la femminilità? Siamo posizionati nell’ordine creazionale stabilito da Dio, oppure ci stiamo ribellando invadendo altri spazi producendo rumori?

2.      Relazioni riformate all’interno della chiesa

Dal v.17 Paolo passa al secondo accordo stonato, quello riguardante le relazioni all’interno della chiesa, in particolare durante la cena del Signore, il cui rumore era tale da coprire e distorcere l’intero messaggio dell’Evangelo. I Corinzi si sono talmente sviati che, secondo Paolo, quando si riuniscono per consumare la cena del Signore di fatto stanno facendo altro (v.20): ognuno consuma il proprio pasto con egoismo, abusando e disprezzando coloro che non hanno nulla (vv.21-22).

Questo modo di agire ha delle serie implicazioni in due direzioni: una direzione orizzontale in quanto i “benestanti” peccano contro i poveri, ognuno pensa ai propri interessi e bisogni, ma non quelli degli altri; una direzione verticale in quanto offendendo i poveri, offendono anche il corpo del Signore Gesù Cristo (vv.27-29), il quale è stato offerto per la vita di tutti i credenti e non solo per alcuni. Ricchi e poveri sono beneficiari della stessa grazia di Dio. Il pane, come abbiamo ascoltato la scorsa predicazione, è il segno della comunione dei credenti con l’unico corpo, quello di Cristo (vv.10,16-17). Offendendo le membra del corpo si offende il capo del corpo che è Cristo.

Immaginando uno strumento a corde è come se i corinzi stessero cercando di suonare un accordo con le mani sofferenti di artrosi e immobilizzate da dolorosi crampi: riuscivano a malapena a sfiorare la nota fondamentale sbagliando tutte le altre. Dicevano di partecipare alla cena del Signore, ma invece ognuno mangiava in abbondanza i propri cibi per suo conto, non curanti di una parte della chiesa che non aveva nulla.

Quello che avrebbe dovuto essere il memoriale che celebra la morte di Cristo fino al suo ritorno, la morte del Signore che salva, redime e unisce in un unico corpo i credenti, era diventata una festa idolatrica in cui ad essere celebrati erano i propri bisogni a scapito degli altri. Anziché celebrare l’unione in Cristo veniva celebrata una chiesa divisa.

La salvezza in Cristo dovrebbe produrre una comunità di persone che non hanno al centro i propri interessi e i propri bisogni, ma ognuno dovrebbe servire l’altro con lo stesso amore con cui Cristo ci ha amati fino alla morte.

Questo dovrebbe servici come monito. La chiesa non è perfetta, viviamo in una realtà del già e non ancora: già redenti in Cristo, ma non ancora santificati. Il peccato è ancora presente nel mondo e possiamo vederne le conseguenze (v.30). La chiesa può sperimentare divisioni per vari motivi (v.19), ma dobbiamo mantenere alta l’attenzione contro le insidie del maligno il cui obiettivo è quello di seminare discordia e contese (Mt.13,38-39) al fine di indebolire il regno di Dio. Corriamo tutti il rischio di vivere una cristianità meccanica e superficiale. Veniamo in chiesa, ma non coltiviamo quotidianamente una relazione con Dio nella lettura della parola e nella preghiera; impariamo un vocabolario cristiano, ma pensiamo solo a noi stessi e siamo carenti nel servire il prossimo con amore.

Ognuno di noi, quindi, è chiamato a esaminare sé stesso, a riconoscere il peccato che intacca la propria vita e a unirsi a Dio per mezzo del corpo e del Sangue di Cristo (vv.28-31). Nonostante il peccato, lo scopo di Dio non è quello di condannarci a dannazione eterna, ma di disciplinarci per ricondurci presso la sua presenza (v.32). Dio disciplina coloro che ama. Se ti senti oppresso e abbattuto per qualche male, rivolgiamoti a Dio con umiltà e chiedi il suo intervento nella tua vita. Non indurire il tuo cuore, oggi Dio ti sta chiamando.

Per concludere: per spargere il profumo di Cristo intorno a noi dobbiamo riconoscere il nostro stato di peccato, chiedere umilmente perdono a Dio, accettare Cristo e lasciare che lo Spirito Santo agisca in noi e questo ci permetterà di vivere delle nuove vite, delle relazioni riformate e rinnovate tra uomo-donna e all’interno della chiesa.


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