1 Corinzi 13 - Percorriamo la via dell'eccellenza

 

Predicatore: Raffaele Costagliola

Dopo una piccola pausa torniamo sulla nostra serie di predicazione su 1 Corinzi intitolata “Vogliamo davvero spargere il profumo di Cristo?”. Nel capitolo 12 Paolo ha evidenziato l’importanza della molteplicità dei doni dello Spirito Santo all’interno della chiesa per l’edificazione della chiesa stessa, ma alla fine, se ricordate, abbiamo letto una frase che ci ha lasciati un po' in sospeso “Voi, però, desiderate ardentemente i doni maggiori! Ora vi mostrerò una via, che è la via per eccellenza” (1 Co. 12,31).

La chiesa di Corinto era come una squadra di calcio in cui tutti volevano fare i capo cannonieri a motivo del maggior prestigio e riconoscenza tra gli uomini. Ma una squadra non può funzionare senza una buona formazione, cioè senza che siano stati assegnati a ciascuno un ruolo, una posizione e uno schema di azione. Sostanzialmente questo è quello che Paolo ha cercato di spiegare al cap. 12, ma mancava ancora qualcosa per eccellere. Non basta avere dei ruoli definiti, una posizione e uno schema di azione; per eccellere in un gioco di squadra c’è bisogno del gioco di squadra, c’è bisogno di altruismo, non c’è spazio per invidiare, nutrire rivalità tra i compagni di squadra, ma si deve essere pronti a sacrificare la gloria personale per fare gioco.

In maniera analoga, all’interno della chiesa non è sufficiente avere definito dei ruoli e dei compiti, ma per raggiungere l’eccellenza Paolo dice che abbiamo bisogno dell’amore, che è la via che ci porta all’eccellenza.

1 Corinzi 13

In questo capitolo Paolo ci esorta a intraprendere la via dell’eccellenza in tre modi:

  1. impegnati per amore di Dio (vv.1-3);

  2. servendo con amore dello Spirito Santo (vv.4-7);

  3. proclamando l’amore di Cristo (vv.8-13).

1.      Impegnati per amore di Dio

Nei primi 3 versi Paolo afferma che tutti i doni di cui ha parlato prima sono inutili senza l’amore che li sostiene, li alimenta e li guida.

I corinzi, infatti, nell’esercizio dei doni spirituali, non erano mossi dall’amore, ma erano motivati dall’orgoglio e dalla vanità. Questo vanificava ogni loro sforzo. Per questo Paolo gli ricorda che il possedere dei doni di per sé non è necessariamente segno di essere in possesso dello Spirito Santo. Fuori dalla chiesa, infatti, esistono persone non credenti dotati di grandissime capacità, una vastissima conoscenza e capaci di grandi opere, anche di beneficenza, ma non per questo sono approvate da Dio.

Dio non guarda alle nostre capacità, ma guarda al nostro cuore, che è insanabilmente maligno. Qualsiasi cosa che non sia mossa dall’amore – non importa quanto questa possa essere stimata o applaudita dagli uomini – non è gradita né approvata da Dio. Ricordiamo la risposta di Gesù alla domanda quale fosse il comandamento più importante in Mc. 12,29-31:

“Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore. Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi»”

In entrambi i comandamenti l’amore è centrale, è mandatorio. L’amore cristiano ci mette in relazione con Dio e ci predispone al servizio del prossimo. L’amore è la via per eccellenza in quanto è l’adempimento perfetto della legge (Gal.5,14). Il possesso dei doni in assenza di amore non è segno di possesso di Spirito Santo ed è inutile nei confronti della salvezza in quanto le opere senza amore non ci giustificano davanti a Dio.

L’inutilità delle opere senza amore lo si riscontra anche nella vita intorno a noi. La società umana, infatti, vive una contraddizione in termini: si sta raggiungendo a ritmi sempre più veloci uno stato di eccellenza sempre maggiore in ogni ambito della conoscenza umana; eppure, ci rendiamo conto che c’è un malessere sempre più diffuso. Questo è il risultato del fatto che gli sforzi profusi nella scienza, nella conoscenza, nelle opere sociali, nella politica, ecc. non sono stimolati e motivati da un amore sincero per Dio e verso il prossimo, ma sono deviati dal peccato producendo dei risultati instabili e precari.

Nonostante il nostro peccato, la nostra incapacità di fare del bene e di amare il prossimo, Dio ha manifestato il suo amore per noi (1 Gv.4,9). In Cristo si è umiliato rinunciando ai suoi diritti divini ed è diventato uomo. Cristo ha vissuto una vita in ubbidienza al Padre e al servizio del prossimo fino a farsi carico dei peccati di tutto il mondo morendo in croce al posto nostro (Fil.2,5-8). Risorgendo dai morti ha poi annullato gli effetti del peccato in modo che chiunque crede in lui possa ricevere il perdono dei peccati ed essere riconciliati a Dio. Cristo è l’innesco di una nuova vita in relazione con Dio.  Solamente all’interno di questa nuova relazione d’amore in Dio innescata da Cristo e alimentata dallo Spirito Santo saremo in grado di impegnarci in maniera regale nelle vocazioni in cui Dio ci ha chiamati per il bene e l’edificazione del prossimo. Dio ci ha amati per primo e per questo possiamo impegnarci per amore di Dio.

2.      Servendo con amore dello Spirito Santo

Che l’amore sia necessario per vivere una vita migliore proiettata verso l’eccellenza è riconosciuto da tutti, anche dai non credenti. Ma proprio in nome dell’amore, lo leggiamo tutti i giorni sui giornali, sono consumati i peggiori crimini. L’amore, purtroppo, come tutte le altre cose, non è esente dalla contaminazione del peccato che ne devia le caratteristiche e tutti, nessuno escluso, ne risultano contagiati.

Paolo è consapevole dei rischi ed è per questo che dopo aver evidenziato la necessità dell’amore nell’esercizio delle vocazioni e dei doni spirituali, per fare chiarezza, descrive quale sia il vero amore a partire dai suoi frutti. Per capire quanto siamo mancanti e quanto il peccato distorce la nostra idea di amore potremmo rileggere i vv. 4-7 sostituendo alla parola amore il nostro nome.

È chiaro che l’amore di cui Paolo sta parlando non riguarda qualche sentimento astratto, ma è strettamente legato al comportamento. L’amore cristiano della via per l’eccellenza è un amore che produce i frutti dello Spirito (Ga.5,22): non ammette invidia, rivalità, competizioni, autoesaltazione, vendette; ma è un amore alimentato dall’amore per Dio e orientato e proiettato vero il prossimo. L’amore cristiano ricolmo di spirito Santo cerca sempre e solamente il bene del prossimo in qualunque circostanza anche nella sofferenza e nell’ingiustizia. Questo non significa essere deboli, privi di prudenza e di giudizio, ma al contrario, significa perseverare nell’esercizio dell’amore fortificati nella fede in Dio e nella speranza della sua giustizia.

Cristo è l’esempio perfetto di vita vissuta al servizio del prossimo. Non ha mai addebitato il male, ma anche morente in croce ha pregato il padre dicendo “Padre perdona loro, perché non sanno quello che essi fanno” (Lc.23,34). Cristo è la via dell’eccellenza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo. Solamente se è lo Spirito Santo che ci guida possiamo amare il prossimo in maniera sacerdotale come Cristo ha fatto con noi. Quali sono i frutti del nostro amore?

3.      Proclamando l’amore di Cristo

Infine, l’amore deve occupare un posto di priorità in quanto, a differenza di tutti i doni spirituali, l’amore dura per sempre, non verrà mai meno (v.8).

I corinzi pensavano che i doni spirituali e in particolar modo il parlare le altre lingue fosse la prova dell’essere persone dotate di Spirito Santo e godere in qualche modo già dell’ultimo stadio dell’esistenza spirituale. Ma in realtà, l’unica prova del possesso dello Spirito Santo è quella dell’amore perché è l’unica cosa che non cesserà, l’unica cosa che sarà presente nel Regno di Dio. Paolo con questo non vuole sminuire i doni dello Spirito, ma li vuole inquadrare in una prospettiva escatologia del già e non ancora. Il regno di Dio caratterizzato dall’assenza del male e del peccato è stato già inaugurato con la morte e resurrezione di Cristo in cui satana è stato sconfitto, ma non ancora pienamente realizzato perché il peccato è ancora presente.

Nella realtà del già ma non ancora in cui viviamo, quindi, i doni di profezia, lingua e conoscenza sono un modo con cui lo Spirito Santo equipaggia le comunità affinché ne traggano vantaggio e edificazione fino alla fine dei tempi, fino alla venuta della perfezione, cioè di Cristo (v.10). I doni sono un aiuto da parte di Dio alle nostre infermità, sono un modo per vedere e conoscere Dio nonostante la cecità e i ritardi cognitivi dovuti al peccato. Non si può conoscere Dio senza conoscere Cristo. Ma questo bisogno cesserà quando Cristo tornerà e vedremo Dio faccia a faccia.

I doni sono come uno spiraglio di luce nel buio, sono come piccole lampade che ci permettono di orientarci nella notte, ma quando verrà il sole, quando verrà la fonte di luce per eccellenza (Cristo), non avremo più bisogno delle lampade. Oppure come dice Paolo al v.11, i doni sono come un modo per vedere Dio in maniera indiretta come attraverso uno specchio, ma verrà un giorno in cui non ne avremo più bisogno perché vedremo Dio faccia a faccia.

L’amore è una finestra aperta tra il nostro mondo e il Regno di Dio. Se vogliamo davvero spargere il profumo di Cristo in questo mondo buio dobbiamo aprire queste finestre in modo che, attraverso l’amore le persone intorno a noi intravedono la meraviglia del Regno di Dio. Come cristiani dobbiamo impegnarci nell’esercizio profetico dell’annuncio dell’amore di Cristo quale via dell’eccellenza per il regno di Dio e la vita eterna. Presto Cristo, la perfezione, tornerà e ogni cosa su questo mondo verrà abolita. L’unica cosa che resterà sarà l’amore.

Dove sei nel tuo cammino di vita? Stai percorrendo la via dell’eccellenza dell’amore?

Se vogliamo davvero eccellere allora: impegniamoci per amore di Dio, serviamo con l’amore dello Spirito Santo e proclamiamo l’amore di Cristo.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.