1 Re 21,1-16 - Sottomettendo l'ira del possesso al vangelo

 

Predicatore: Reid Karr

Oggi prosegue la serie di predicazioni intitolata Sottomettendo l'ira al vangelo, e questa settimana vogliamo affrontare l'ira del possesso, e vogliamo capire cosa significa, biblicamente parlando, sottomettere quest'ira al vangelo. Allora l'ira del possesso ha diversi sinonimi. Potrebbe essere, ad esempio, l'ira della cupidigia o l'ira dell'avarizia. Il punto che vogliamo sottolineare è che quando vogliamo qualcosa, e non possiamo averla o non riusciamo a ottenerla, diventiamo irritati e ci arrabbiamo. Vogliamo qualcosa, ma qualcosa o qualcuno ostacola l'ottenimento e il possedimento di questo oggetto, e quindi ci arrabbiamo. Questa è l'ira del possesso, e la Bibbia ha molto da dire di quest'ira, ed è anche piena di esempi di essa.

Infatti, in Esodo 20 dove leggiamo dei 10 comandamenti, il Signore ordina al suo popolo di non desiderare cose che non sono loro. È il decimo comandamento è dice: "Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo." Non dobbiamo desiderare cose che il Signore non ci ha dato. Dobbiamo stare molto attenti all'ira del possesso e all'ira della concupiscenza e all'ira dell'avarizia, come abbiamo anche visto nel Vangelo di Luca. L'ira del possesso, come le altre ire, è capace di fare danni devastanti e spesso distrugge relazioni. Anche quest'ira, allora, deve essere sottomessa al vangelo.

Per mezzo del brano che stiamo per leggere insieme, e con questo approfondimento dell'ira del possesso, vogliamo evidenziare tre verità. La prima verità è che nel processo di sottomettere l'ira del possesso al vangelo, gli idoli dei nostri cuori vengono svelati, e grazie a questo scoprimento - e questa è la seconda verità che viene evidenziata - la cupidigia si trasforma in contentezza. Infine, quando l'ira del possesso viene sottomessa al vangelo, il Re giusto e buono siede sul trono della vita, e questa è una buonissima notizia, perché nel brano di oggi vedremo quello che succede quando un re cattivo e ingiusto siede sul trono. Leggiamo il brano adesso, e poi approfondiremo queste tre verità.

La prima verità che viene rivelata in questo brano è che l'ira del possesso svela gli idoli dei nostri cuori. Ci ricordiamo che un idolo è un oggetto (potrebbe essere una persona o un oggetto materiale) che diventa un oggetto di suprema importanza nella nostra vita. Tutti i nostri pensieri e tutte le nostre energie vengono rivolti a questa persona o a questo oggetto. Nel brano che abbiamo letto adesso, è chiarissimo che la vigna di Nabot era diventata per il re Acab un idolo. È diventato ossessionato di questa vigna, e doveva ottenerla a tutti i costi. Il verso 4 ci dice che ha perso anche il suo appetito, e non poteva più mangiare a causa di questa vigna. Sua moglie Izebel si stanca dei suoi capricci e quindi inventa un complotto per uccidere Nabot e i suoi figli per ottenere la vigna. Questo brano non lo dice, ma leggiamo nel secondo libro dei re che anche i figli di Nabot sono stati uccisi insieme a lui, questo per garantire che non sarebbe rimasto nessuno per ereditare la vigna.

È chiaro, allora, che questa vigna era diventata un idolo per Acab, e Izebel è intervenuta per aiutare suo marito ad ottenere questo idolo. I risultati erano devastanti. Certo, noi non uccidiamo per ottenere le cose che vogliamo, ma sicuramente abbiamo tutti idoli nelle nostre vite, cose che vogliamo e che dobbiamo avere, come la vigna di Nabot per Acab.

Molto spesso sono i nostri pensieri che rivelano questi idoli, o cose che potrebbero diventare idoli. I nostri pensieri scoprono la cupidigia e l'avarizia nascoste nei nostri cuori. Vediamo altre persone che hanno più di noi, e che hanno cose che noi vogliamo, e l'ira del possesso inizia a presentarsi, prima nei pensieri. 

Vediamo la casa più bella e più grande dei nostri amici, e diventiamo gelosi e desideriamo la loro casa e le altre belle cose che hanno, cose che noi non ce l'abbiamo. Ogni anno il mio collega riceve l'ultimo iPhone, e io ho ancora questo cellulare che ha più anni di mia nonna. Non è giusto. Perché io non posso avere il nuovo iPhone? Il mio amico ha un ottimo lavoro. È il lavoro che voglio io. Odio il mio lavoro. Perché io non posso avere un bel lavoro come lui? Non è giusto. Tutti i miei amici sono sposati e hanno bellissime famiglie, ma io sono ancora single. Ma perchè? Non è giusto. L'amica mia ha una nuova e bellissima macchina. Io invece ho questa macchina vecchia, brutta, e che si rompe sempre. Non è giusto che altri abbiano cose nuove e belle, mentre io ho sempre cose vecchie, brutte, e logorate. Non è giusto. E diventiamo irritati e ci arrabbiamo.

Questi pensieri, e tantissimi altri simili, hanno il potenziale di diventare, e spesso diventano, idoli nei nostri cuori. Ciò detto, è anche giusto dire che non è un peccato desiderare avere cose sufficienti per la vita, e essere confortevoli. Non è un peccato per niente desiderare un coniuge, ad esempio. Queste sono cose buone e sono doni del Signore. Va bene. Ma a che punto possiamo sapere se un desiderio è un peccato e se sta diventando un idolo o no? Quali sono i segni a cui dobbiamo stare attenti? Guardiamo all'esempio di Acab. Voleva la vigna di Nabot, e quando ha capito che non poteva averla, è cambiato, e non poteva più mangiare. È diventato irritato, fino al punto in cui ha permesso a sua moglie di mettere a morte Nabot e i suoi figli.

Noi dobbiamo stare attenti a segni simili. Va bene certi desideri, ma tutto diventa problematico e peccaminoso quando ci accorgiamo del fatto che non possiamo avere quello che desideriamo, e iniziamo a cambiare e diventiamo irritati e il viso cambia e ci arrabbiamo. Questa è l'ira del possesso. Questa è la cupidigia. Ci arrabbiamo perché non possiamo avere quello che vogliamo. Adesso guardiamo in maniera diversa i nostri amici o colleghi o vicini che hanno più di noi e che hanno le cose che vogliamo noi. Adesso c'è un po' di amarezza nei nostri cuori nei loro confronti. A questo punto possiamo sapere con certezza che c'è qualcosa che non va, spiritualmente parlando. Possiamo sapere che abbiamo eretto idoli nei nostri cuori, che devono essere sradicati e sostituiti. E se non vengono eliminati e sostituiti, iniziano a devastare relazioni ed i nostri cuori diventano sempre più amareggiati e sempre più pieni d'ira.

Ma se questi idoli e se quest'ira del possesso e se la cupidigia vengono sradicati e se vengono sottomessi al vangelo, allora il cuore subisce un cambiamento radicale, il quale trasforma sia il cuore, sia i nostri desideri, sia le nostre relazioni. Questo ci porta alla seconda verità evidenziata da questo brano. Cioè, sottomettendo l'ira del possesso al vangelo, la cupidigia si trasforma in contentezza.

Da quando abbiamo iniziato questa serie di predicazioni, abbiamo detto diverse volte che i nostri peccati richiamano sempre i primi peccati nel giardino d'Eden. Cioè, alla radice di ogni peccato troviamo il giardino d'Eden. Per forza l'ira del possesso e il peccato della cupidigia richiamano Eden. Adamo ed Eva volevano essere come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male. Non erano contenti di sottomettersi alla sovranità di Dio. Volevano essere uguali a Dio, non sotto Dio e la sua autorità. C'è stata, allora, una grande mancanza di contentezza. Volevano di più, e non erano contenti con quello che il Signore li aveva dato.

Ancora oggi, come tutti noi sappiamo molto bene, la contentezza è una grande sfida per noi e per la chiesa. Come Adamo ed Eva, vogliamo sempre di più, e siamo raramente soddisfatti e contenti con quello che il Signore ci dà, soprattutto quando vediamo altri che hanno più di noi. Perché non possiamo avere le cose che hanno loro? Non è giusto. Siamo come Acab, il re d'Israele. Lui aveva tutto. Era il re, ma voleva sempre di più. Non era contento con il regno che il Signore aveva affidato a lui. Voleva anche la vigna di Nabot. E quando non poteva ottenerla, è diventato molto irritato ed è cambiato.

È lo stesso per noi quando non possiamo avere quello che vogliamo. A quel punto le radici molto cattive e dannose della cupidigia e della mancanza di contentezza crescono sempre di più nei nostri cuori, e diventiamo sempre più amareggiati e l'ira del possesso è sempre più prominente nella nostra vita. Guardiamo ad altri che hanno di più con sempre più rancore.

La mancanza di contentezza nella vita cristiana è uno dei mali più cattivi, ed è una delle armi più efficaci di Satana contro il mondo e contro i discepoli di Cristo. Dobbiamo stare molto attenti a questa bugia, e dobbiamo per forza, per mezzo dello Spirito Santo all'opera in noi, sottomettere la cupidigia e l'ira del possesso al vangelo.

Quando l'ira del possesso viene sottomessa al vangelo, la cupidigia si trasforma in contentezza, e la voglia di avere sempre di più si trasforma nell'atteggiamento e nelle parole di Martin Lutero, che diceva sempre: "Chi ha Cristo, ha abbastanza." Per il discepolo di Cristo, questa è la definizione della contentezza. Chi ha Cristo, ha abbastanza. La contentezza che abbiamo e che troviamo in Cristo sostituisce la cupidigia e l'ira del possesso. Vuol dire che non combattiamo più contro il peccato della cupidigia e contro l'ira del possesso? No, è ancora un combattimento, ma grazie a Cristo è un combattimento che viene affrontato in maniera diversa, e con più speranza e con più serenità.

Siccome Cristo è abbastanza e siccome regna al posto della cupidigia, non guardiamo più alle persone che hanno più di noi con amarezza e rancore. Non dobbiamo avere l'ultimo iPhone per essere contenti. Non siamo invidiosi della persona che ha una casa più grande della nostra e che ha una nuova e bella macchina, e che ha molto più soldi in banca e che ha il lavoro che vogliamo noi. Non siamo invidiosi perché chi ha Cristo, ha abbastanza. Chi ha Cristo è definito dalla contentezza, e questa contentezza sparge il profumo di Cristo. Quando l'ira del possesso viene sottomessa al vangelo, la cupidigia si trasforma in contentezza. Gloria a Dio per questo. E tu? Sei contento con quello che il Signore ti ha dato?

Infine, sottomettendo l'ira del possesso al vangelo, il Re buono e giusto siede sul trono della vita, e anche questa è una buonissima notizia. Molto interessante questo: Nel primo libro di Samuele, Israele chiede un re. Prima non ce l'aveva, ma adesso vuole essere come le altre nazioni e vuole un re. A Samuele non piace questa richiesta perché Israele non ha bisogno di un re perché ha il Signore, il re dei re che governa e che protegge il suo popolo. Ma Israele insiste e dice che vuole un re. Samuele ascolta il Signore che dice a Samuele di dare ascolto al popolo. Ma ascoltate queste parole di Samuele nel capitolo 8 al popolo: "Questo sarà il modo di agire del re che regnerà su di voi…Prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri migliori uliveti per darli ai suoi servitori."

Andiamo avanti e ci troviamo nel primo libro dei re, e adesso un re molto cattivo siede sul trono, e mette a morte un uomo di Dio, insieme ai suoi figli, perché vuole la sua vigna. Quando il Signore non siede sul trono della vita, è la cupidigia e l'ira del possesso che prendono il posto suo. E noi, morti nei nostri peccati, siamo esattamente come il re Acab; siamo molto egoisti e se non prendiamo quello che vogliamo, diventiamo irritati e ci arrabbiamo. Certo, non uccidiamo come Acab e sua moglie Izebel, ma la nostra ira ha lo stesso effetto. Come abbiamo visto domenica scorsa, la nostra ira è come una fornace ardente che brucia e che distrugge.

Ma quando il Signore ci salva, e quando riceviamo una nuova vita in Cristo Gesù, e quando lo Spirito Santo opera in noi, allora diventiamo nuove creature. Tutto cambia e l'ira del possesso e la cupidigia vengono sottomesse al vangelo. Adesso il Re buono e giusto siede sul trono della vita. E questo Re non è per niente come il re Acab, un re cattivo e egoista che ruba e che prende quello che non è suo. Il Re buono e giusto esercita la sovranità con una perfetta giustizia. Il Re buono e giusto è pieno di grazia. È un Re misericordioso. Questo Re non ruba e non sfrutta il suo popolo, ma manda invece il suo unigenito figlio per morire sulla croce affinché il suo popolo e quelli che si fidano di lui possano essere perdonati dai loro peccati e affinché possano ricevere una nuova vita, anche la vita eterna. Questo è il Re buono e giusto. Questo è il Re che siede sul trono della vita quando l'ira del possesso viene sottomessa al vangelo. Gloria a Dio per questo.

Ma chi siede sul trono della tua vita? È una domanda molto importante, e dobbiamo essere tutti pronti a rispondere ad essa.

Sono tre bellissime verità che vengono rilevate in questa storia. È una storia triste e tragica, ma evidenzia per noi la speranza redentiva che abbiamo nel Signore, anche in mezzo alle tragedie. Quando l'ira del possesso viene sottomessa al vangelo, gli idoli del cuore vengono svelati, la cupidigia si trasforma in contentezza, e il Re buono e giusto siede sul trono della vita. Che bellissime verità. Che Dio è il Dio della Bibbia. Che speranza abbiamo in lui. Che come chiesa possiamo proclamare e mettere in pratica queste verità, affinché il profumo di Cristo venga sparso a Prati e a Roma, e affinché vite vengano salvate, redente, e trasformate dal vangelo. Questa è la nostra preghiera. A Dio sia ogni gloria. Amen.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.