Lamentazioni 1 - Quando non c'è nessuno a consolarci e siamo sotto il peso del peccato

 

Predicatore: Reid Karr

Vediamo se riesci a completare questa frase. È una frase che viene dalla Bibbia. Più specificamente, viene dal libro dell'Ecclesiaste. Nel capitolo 7 di questo libro, l'Ecclesiaste dice questo: "Il cuore del saggio è nella casa del…" C'è una parola che manca. Qual'è? "Il cuore del saggio è nella casa del…pianto." Poi sai quello che dice subito dopo? Dice che "il cuore degli stolti è nella casa della gioia." Ma cosa? Molto interessante questo, no? Non è che deve essere al contrario? Perché il cuore del saggio è nella casa del pianto e quello dello stolto è nella casa della gioia? È la gioia una cosa negativa? No, no di certo. Anzi, è un dono di Dio. È una cosa bellissima. Ma la gioia è facile. Ci piace tutti essere gioiosi.

Il pianto ed il lamento, d'altronde, sono molto difficili e molto pesanti. Ma per mezzo del pianto e del lamento il Signore ci fa capire tante cose, cose che non possiamo mai imparare nella casa di gioia; cose che sono molto difficili, ma che sono anche necessarie per la nostra crescita come discepoli di Cristo e per una completa conoscenza di Dio. Non possiamo diventare discepoli maturi e completi se non passiamo per la casa del pianto e del lamento. Non è possibile. È un passaggio necessario che forse dovremo fare anche più volte.

Mentre mi preparavo per questo sermone ho letto di un esercizio nel lamento, cioè un esercizio nel lamentarsi per la gloria di Dio, che mi ha toccato molto. Ho letto di una coppia sposata che faceva fatica a concepire. La mancanza di un figlio nelle loro vite ha portato tantissimo dolore, e quindi volevano lamentarsi al Signore, ma in maniera giusta, non peccaminosa. Quindi usando i salmi di lamento nella Bibbia come esempio e come guida, si sono lamentati a Dio, dicendo: "Fino a quando, o Signore, ci dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando dovremo piangere per un figlio? Fino a quando dovremo piangere per questa benedizione nelle nostre vite? Quanti giorni, quanti mesi, quanti anni dovranno passare prima che tu rispondi alle nostre preghiere? Fino a quando, o Signore? Sarà forse per sempre? Per favore Signore…….Ma quanto a noi, noi confidiamo nella tua bontà. I nostri cuori gioiranno per la tua salvezza. Noi canteremo a te o Signore perché ci hai fatto del bene."

Questo è un esempio di un lamento che glorifica il Signore. Questo è un modo di lamentarsi che vogliamo imitare. Ma dobbiamo capire come. Cioè dobbiamo capire come lamentarci per la gloria di Dio. Lamentazioni 1 ci aiuterà a crescere in questo, quindi leggiamo insieme questo primo lamento di questo libro, poi approfondiremo questo concetto del lamentarsi per la gloria di Dio.

Prima abbiamo parlato del lamento di una coppia che non riesce a concepire. È pesante. È triste. È doloroso. Ma è anche bello. È bello perché si vede la fede di questa coppia di fronte al dolore. Infatti un vero lamento, cioè un lamento che glorifica Dio, è una confessione di fede. Ci lamentiamo perché ci fidiamo di Dio e della sua bontà e della sua sovranità. Sappiamo che Dio ci ascolta e che Dio ci ama. Non comprendiamo i suoi pensieri e le sue vie, perché sono troppo alti per noi, ma ci fidiamo di essi. Un lamento che glorifica Dio è una preghiera di dolore che ci porta a fidarci sempre di più del Signore e che ci spinge a lodare Dio. Il lamento ci porta dal dolore alla lode e alla speranza e alla pace.

In Lamentazioni 1 vediamo un lamento molto doloroso. Vediamo uno che si lamenta perché non è rimasto niente. Non c'è nessuno. Grida e piange e si lamenta, ma non c'è nessuno a consolarlo. Si lamenta perché è sotto il peso del suo peccato. È un peso insopportabile. Vediamo due voci in questo capitolo. La voce dell'autore che descrive le devastazioni che vede, e poi l'autore dà voce alla città devastata, cioè dà voce a Gerusalemme, che in questo lamento si chiama Sion.

L'immagine è chiara. Sion aveva tutto. Era principessa fra le province. Era mamma ed era moglie. Era circondata da amici. Era molto allegra. Poi ha perso tutto. Adesso non ha niente. Adesso Sion piange, piange durante la notte e le sue lacrime le rigano le guance. Fra tutti i suoi amici non ha chi la consoli. È da sola. Cinque volte in questo capitolo l'autore ci dice che non c'è nessuno a consolare Sion. Nel verso 17 leggiamo che Sion "stende le mani, ma non c'è nessuno che la consoli". "Osservate, guardate se c'è dolore simile al dolore che mi tormenta" dice nel verso 12. Ma nessuno si ferma. Nessuno la consola. E quindi si lamenta. Si lamenta tanto.

Si lamenta perché non c'è nessuno che la consola, ma si lamenta anche perché riconosce di essere sotto il peso del suo peccato. "Gerusalemme ha gravemente peccato," dice l'autore nel verso 8. "Perciò è divenuta come una cosa impura…tutti hanno visto la sua nudità." Le conseguenze del suo peccato sono gravissime. Infatti sono queste conseguenze che ci mettono a disagio. Nel verso 10 leggiamo dello stupro di Sion. Questo verso va letto così. Non è difficile capire quello che l'autore sta dicendo. Nel verso 11 vediamo che la gente che è rimasta sta morendo di fame. Non c'è niente da mangiare. E tutto questo viene sì, alle mani dei babilonesi, ma soprattutto alle mani di Dio. I babilonesi sono soltanto lo strumento del Signore. Nel verso 5 leggiamo che il Signore ha afflitto Sion per i suoi innumerevoli peccati. Questo viene affermato diverse volte in questo capitolo. Sion è distrutto e rovinato. A causa dei suoi peccati i suoi bambini sono andati in schiavitù davanti al nemico.

Nella Bibbia Sion rappresenta la presenza di Dio fra il suo popolo. Sion è il posto dove la presenza di Dio risiede. Ecco perché la città di Gerusalemme si chiama Sion in questo capitolo. C'era il tempio di Dio a Gerusalemme e la presenza di Dio risiedeva lì. Gerusalemme era diventata Sion grazie alla presenza di Dio tra il suo popolo. Adesso, però, Sion soffre l'assenza di Dio. Dio non è più presente a Gerusalemme. Il suo tempio è distrutto. A causa dei loro innumerevoli peccati, il Signore ha afflitto in maniera molto pesante il suo popolo. Sion grida al Signore e si lamenta, ma Dio non c'è e Dio non risponde. Si lamenta, ma non ha chi la consoli. Sente il pieno peso del suo peccato.

Sion si lamenta, ma non incolpa il Signore. Nel verso 18 dice che: "Il Signore è giusto, poiché io mi sono ribellata alla sua parola." Si lamenta, non ha chi la consoli, ma annuncia la verità, che Dio è giusto. Non è ancora arrivata alla lode, ma in mezzo alle sofferenze annuncia la verità e riconosce che il Signore è giusto. Si lamenta e glorifica Dio, riconoscendo la sua giustizia. Non si permette di adottare un atteggiamento di vittimismo, dicendo che quello che è successo non è giusto. Sente la mancanza di consolatori, si certo; sente anche il peso del suo peccato e testimonia alle conseguenze devastanti di esso. Si lamenta, ma non dice di essere innocente. Dice invece di essere stata ribellata alla parola di Dio.

È chiaro in Lamentazioni che la rovina di Gerusalemme è una conseguenza diretta della ribellione e dei peccati del popolo di Giuda, che non ascoltò il Signore mentre gli parlava per mezzo di Geremia per tantissimi anni, dicendogli esattamente quello che sarebbe successo se non dovesse pentirsi e ritornare a obbedire al Signore. Ma Sion non ascoltò Dio, e Lamentazioni testimonia a questa disobbedienza. Gerusalemme ha peccato gravemente. Si è ribellata alla parola di Dio. Soffre adesso le conseguenze della sua ribellione e dei suoi peccati, e non c'è nessuno a consolarla.

Ciò detto, pensiamo un attimo alla coppia di cui abbiamo parlato prima che non riesce a concepire. È questa mancanza dovuta ad un peccato specifico nelle loro vite che il Signore sta adesso punendo? È difficile dire questo, no? O penso all'incidente in cui è morta mia prima moglie. Il Signore l'ha preso come punizione per un peccato specifico nella mia vita? Certo che sono un peccatore, ma non credo. Ma il punto è questo: anche se non possiamo collegare ogni sofferenza ad un peccato specifico, quello che possiamo fare con certezza è collegare ogni sofferenza alla presenza del peccato nel mondo. Cioè ogni sofferenza è dovuta al peccato. Non possiamo dire al Signore che le sofferenze sono ingiuste. Non possiamo dire che non le meritiamo. Ogni sofferenza è dovuta alla ribellione dell'uomo contro Dio. Ogni sofferenza trova radice nel Giardino di Eden dove Adamo ed Eva si ribellarono al comandamento di Dio. In quel momento il peccato entrò nel mondo e rovinò tutto, e continua a rovinare tutto. Il peccato non è mai saziato. Cerca sempre chi possa divorare. È devastante. È mortale.

Ma grazie a Dio c'è una risposta al peccato e la sua devastazione. Grazie a Dio c'è una risposta alla morte del peccato e alle sofferenze. Grazie a Dio c'è una buona notizia che risponde al insoportabile peso del peccato. La risposta è Gesù Cristo, il Figlio di Dio che ha vinto la morte e che ha vinto il peccato con la sua opera redentiva e salvifica sulla croce. Sulla croce Gesù ha messo su di sé il peso del peccato, liberandoci da esso. Quindi gloria a Dio per mezzo della fede in Cristo per il perdono dei nostri peccati, anche noi possiamo vincere la morte e possiamo levare il peso del peccato. Che bella notizia!

Certo, la vittoria che abbiamo sul peccato grazie alla fede in Cristo è una bellissima notizia, ma non vuol dire che adesso sappiamo ogni cosa. Anzi, in questo corpo carnale ci sono tante cose che non sappiamo. Ancora non sappiamo perché il Signore permette certe sofferenze. Se lui ha vinto la morte, e se lui è sovrano su ogni cosa, niente è impossibile per lui, no? Se vuole che una coppia concepisca, sia così. Se vuole guarire una malattia, sia così. Ma a prescindere, permette le sofferenze e ci rifiuta tante cose, anche cose buone. Questo perché il Signore ci fa capire tantissime cose per mezzo delle sofferenze e per mezzo dei dolori. Ecco perché l'Ecclesiaste dice che il cuore del saggio è nella casa del pianto.

Quando ci lamentiamo facciamo due domande al Signore: "Ma Signore dove sei!?" E "Se mi ami, perché permetti queste sofferenze? Perché rifiuti queste benedizioni e queste cose buone? Perché!?" Ma queste domande ci devono portare anche a lodare il Signore, sapendo che il Signore ci fa capire tantissime cose per mezzo delle sofferenze. Ci fa capire perché il cuore del saggio è nella casa del pianto. Ci fa capire che non possiamo conoscere veramente l'amore di Dio a parte il dolore e le sofferenze. E ci fa capire che non possiamo lamentarci per la sua gloria se non sentiamo l'insopportabile peso del peccato e le conseguenze devastanti di esso.

Il peso del peccato ci fa capire che non siamo innocenti. Non ci permette di cadere nella trappola del vittimismo. Anzi, ci ricorda delle conseguenze devastanti del peccato e ci ricorda della grazia e della misericordia di Dio. Il peso del peccato ci spinge a lodare Dio perché è buono e misericordioso. Ci spinge a lodare il Signore per la croce di Cristo.

E tu? Come ti senti? Ti senti solo/a? Non c'è nessuno a consolarti? È molto difficile questo. Come chiesa vogliamo ascoltare e vogliamo dare voce alle tue sofferenze. Vogliamo essere una fonte di sostegno per te. Anche il Signore ti ascolta e ti invita a lamentarti. Ma se vuoi lamentarti per la gloria di Dio devi anche sentire il peso del peccato. Il peso del peccato ci fa capire come si lamenta per la gloria di Dio.

Il lamento che glorifica Dio non è il lamento del mondo e di questa cultura che ci fa cadere nella trappola del vittimismo. Il vittimismo ci dice che non è mai colpa mia. Sono soltanto vittima dell'ingiustizia. Ma anche se è vero che ci sono delle ingiustizie nel mondo, e a volte siamo vittime di esse, il vittimismo diminuisce tantissimo il peso del peccato. Il vittimismo non ci porta a lodare il Signore, ma ci permette invece di lamentarci in maniera egoista e peccaminosa. Perché devo lodare il Signore quando sono vittima? È colpa sua, non mia. Infatti, è lui che deve chiedere perdono a me per tutte le sofferenze che permette. Non doveva permettere queste sofferenze, ma l'ha fatto, quindi è colpa sua. Questo è il vittimismo ed è dilagante in questa cultura. Diminuisce tantissimo il peso del peccato e le giuste conseguenze di esso.

E tu? Come ti lamenti? Ti lamenti per la gloria di Dio? Le tue lamentazioni ti portano a lodare il Signore? O ti lamenti come si lamenta il mondo? Un lamento che glorifica il Signore mette sottosopra il nostro concetto del lamento. È molto difficile e ci sfida tantissimo. Non ci piace. È contro la natura umana. Questo perché vogliamo essere noi al centro del mondo. Non vogliamo mettere il Signore sul trono della nostra vita. Se facciamo così non possiamo più vederci come vittime di ingiustizie e non siamo più innocenti. No, il lamento che glorifica Dio è un lamento che sente il pieno peso del peccato. Ci fa capire che siamo giustamente condannati dai nostri peccati, e poi ci spinge a lodare Dio perché ci ha donato Gesù Cristo per liberarci dal peso del peccato, dandoci la possibilità di lamentarci per la gloria di Dio.

Se vogliamo vedere una vera riforma del vangelo a Roma, e se vogliamo essere la luce di Cristo in questa città, dobbiamo imparare a lamentarci per la gloria di Dio. Dobbiamo sentire il devastante peso del peccato e il nostro lamento ci deve spingere a lodare il Signore e riconoscere la sua grazia e la sua bontà. Dobbiamo ascoltare le tantissime persone attorno a noi che stanno soffrendo e che non hanno nessuno a consolarle. Dobbiamo dare voce alle loro sofferenze affinché possiamo annunciare la buona notizia di Gesù Cristo e affinché possiamo vedere vite trasformate dal vangelo. Il cuore del saggio è nella casa del pianto. Che possiamo capire questa verità, e che possiamo abbracciarla affinché possiamo lamentarci per la gloria di Dio. Amen.


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.