Rut 2:17-23 - La provvidenza di Dio all'opera nel già e non ancora

 

Predicatore: Raffaele Costagliola

Dopo una breve pausa oggi riprendiamo la serie di predicazioni su Ruth. La prima parola che mi è venuta in mente leggendo il testo di oggi, anche in relazione a quanto visto fin ora è la parola “cambiamento”.

Oggi viviamo in un mondo ossessionato dal cambiamento. Dalle strategie aziendali alla psicologia, dalla scienza alla politica, tutti parlano di “gestione del cambiamento” come se fosse una formula magica che risolve ogni problema. Al centro di questa ossessione c’è sempre l’uomo: si pensa che il cambiamento dipenda dalle nostre capacità, dalla nostra forza di volontà, dal nostro impegno.

Però la verità è che, contrariamente a quanto recita un recente spot pubblicitario il cambiamento non possiamo essere noi! Il peccato ha corrotto ogni nostra capacità di trasformazione autonoma. I nostri tentativi di trasformarci autonomamente finiscono spesso in nuovi fallimenti, nuove delusioni, nuove complicazioni. Come chi cerca di costruire una casa su sabbia: per quanto ci impegniamo le fondamenta continuano a cedere.

Eppure, la parola di Dio ci offre una prospettiva diversa. In Rut 2,17-23 vediamo un cambiamento dalla precarietà alla stabilità, dallo sconforto alla speranza. Questo non avviene perché Rut è stata capace di gestire bene la sua vita, ma avviene perché Dio interviene. È la provvidenza di Dio, la sua grazia e il suo amore a guidare ogni passo.

Il testo di oggi ci da almeno tre indicazioni da seguire per imparare a riconoscere la provvidenza di Dio e intraprendere un cambiamento davvero risolutivo secondo Dio:

1.    Riconosciamo la bontà di Dio (vv.17-20a)

2.    Riponiamo la fede nel Redentore (v.20b)

3.    Attendiamo il compimento del Regno di Dio (vv.21-23)

1.    Riconosciamo la bontà di Dio

Il primo passo verso un cambiamento autentico è quello di riconoscere la gravità del proprio peccato e riconoscere la bontà di Dio nella Sua provvidenza.

Guardiamo a Naomi: quando tornò a Betlemme dopo anni trascorsi a Moab, era profondamente amareggiata. Chiese persino di essere chiamata Mara, che significa "amarezza", invece del suo vero nome Naomi, che significa "dolcezza". Naomi si sentiva abbandonata da Dio e attribuiva a Lui tutta la responsabilità della sua infelice situazione (Rut 1,20-22).

Ma il testo ci mostra una realtà diversa. Il problema reale di Naomi era spirituale: il peccato le impediva di vedere la grazia e la provvidenza di Dio all’opera nella sua vita. Quando lasciò Betlemme con Elimelec e i suoi figli per cercare fortuna a Moab, non riuscì a vedere che stava abbandonando la presenza del Signore. Anche quando tornò a Betlemme, non riconobbe subito che Dio stava preparando per lei un nuovo inizio nell’abbondanza.

Tuttavia, nel momento in cui Rut tornò dai campi con un efa d’orzo – una quantità abbondante – e gli avanzi di cibo dopo un pasto generoso (vv.17-18), qualcosa cambiò nel cuore di Naomi. Finalmente riconobbe la bontà e la provvidenza di Dio nei loro confronti (vv.19-20a). Il suo cuore si riempì di gratitudine e benedizioni. Naomi comprese che Dio non aveva abbandonato né lei né la sua famiglia, nonostante il peccato e la ribellione.

Spesso cerchiamo risposte ai nostri bisogni nelle cose materiali o nelle circostanze esterne: un lavoro migliore, più soldi, una casa più grande, ecc. Di per sé queste cose non sono un problema, ma lo diventano quando sono queste il motore che ci muove e ci spinge a prendere delle decisioni. Una volta ottenute, potremmo pensare di essere nell’abbondanza come Naomi quando si trasferì a Moab, ma presto sicuramente sentiremo nuovamente di essere vuoti, perché il nostro unico e vero bisogno è spirituale. È quello di riconciliarci con Dio e vivere nella Sua grazia.

E tu? Qual è la condizione del tuo cuore? Ti senti amareggiato come Naomi quando si faceva chiamare Mara? Oppure sei pieno di gratitudine come Naomi quando finalmente riconobbe la bontà di Dio? Se prevalgono tristezza e amarezza nella tua vita, forse c’è un problema irrisolto con il peccato. Ma c’è una buona notizia: Dio non ti ha abbandonato! Il fatto che tu sia qui oggi ad ascoltare la Sua Parola è il segno della Sua bontà e provvidenza e che la tua vita per Dio conta davvero.

Il primo passo per un cambiamento davvero risolutivo per passare da una vita vuota a una piena è riconoscere il tuo peccato e rivolgerti a Dio il quale non ha smesso e non smetterà di mostrarti la sua bontà. 

2.    Riponiamo la fede nel Redentore

La bontà di Dio non si esaurisce nel provvede ai bisogni momentanei, come un lavoro e del cibo per Rut, ma va oltre: Egli provvede ad una soluzione definitiva al problema del peccato attraverso un redentore. Nel caso di Rut e Naomi questo redentore è Boaz (v.20b).

La legge levitica (Le.25,25-55) affermava che, se qualcuno sarebbe diventato povero e avrebbe dovuto vendere i propri beni, oppure cadeva in schiavitù, poteva essere riscattato da un parente stretto, il quale avrebbe pagato per lui. Inoltre, De.25,5-10 stabiliva che, se una donna fosse rimasta vedova si sarebbe dovuta sposare con il fratello del marito o comunque un parente stretto.

In realtà la situazione di Rut non corrisponde esattamente alle disposizioni di Levitico e Deuteronomio. Naomi e Rut non erano indebitate né schiave. Erano povere, ma non avevano bisogno di essere riscattate. Inoltre, sebbene Rut fosse vedova, la legge non contemplava nessun obbligo rispetto agli stranieri. Tuttavia, Rut e Naomi erano vedove vulnerabili, avevano bisogno di cibo subito e di sicurezza per il futuro. Non potevano risolvere il problema da sole, avevano bisogno comunque di un redentore. Rut aveva bisogno di un marito e di una famiglia.

Ma Boaz non era fratello di Elimelec né suo figlio e da quanto apprendiamo dal testo non era l’unico ad avere diritto di riscatto.

Boaz, quindi, si sarebbe potuto esonerare dalle responsabilità nei confronti di Rut e Naomi, ma abbiamo già visto che fin qui non l’ho fatto e vedremo che non lo farà in futuro. Boaz non è motivato solamente dalla legge, ma dall’amore.

Boaz diventa così un modello dell’amore redentivo di Cristo per noi.

Come Rut e Naomi erano vulnerabili e incapaci di risolvere i loro problemi da sole, anche noi siamo deboli a causa del peccato:

-      siamo morti nel peccato e abbiamo bisogno di una nuova vita (Ef.2,1-3);

-      siamo schiavi del peccato, incapaci di liberarci e di servire Dio come dovremmo (Rm.6,16-20; Ga.5,13);

-      siamo alienati da Dio, non abbiamo comunione con Lui (Ef.2,12);

-      siamo sotto l’ira di Dio e abbiamo bisogno di essere salvati dalla sua grazia (Ef.2,1-10);

-      siamo nel regno delle tenebre e abbiamo bisogno di essere trasferiti nel regno della luce (Cl.1,13-14);

-      siamo affamati di spirito e abbiamo bisogno dell’acqua viva e del pane della vita per essere saziati (Gv.4;6).

Ma proprio come Boaz per Rut, Dio ha provveduto in Cristo un Redentore perfetto per tutti noi. “Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Gv.3,16). In Cristo i nostri peccati sono perdonati, siamo riconciliati con Dio ed entriamo a far parte della famiglia di Dio come suoi figli adottati (Is. 54,5; 63,16). La famiglia di Dio è la chiesa. La chiesa è la sposa di Cristo (Ef. 5,28-33).

Se desideri un cambiamento risolutivo nella tua vita hai bisogno di riconoscere il tuo peccato e rivolgerti a Dio, ma hai anche bisogno di riporre la tua fede in Cristo. Perché l’amore di Dio e il suo aiuto nei nostri confronti si è attuato per mezzo di Cristo. Cristo ha pagato il prezzo di riscatto del mio e del tuo peccato con la sua vita una volta e per sempre (Mt.20,28).

3.    Attendiamo il Regno di Dio

Infine, il terzo passo verso un cambiamento è attendere con speranza il compimento del Regno di Dio.

La storia di Rut ci mostra che il cambiamento iniziato da Dio richiede tempo per giungere alla sua pienezza. Anche dopo aver sperimentato le primizie della liberazione divina – l’abbondanza del grano nei campi di Boaz – Rut vive ancora in una condizione precaria: abita con sua suocera Naomi ed è ancora senza marito (v.23).

Vivevano in una condizione di mezzo tra il già liberati, ma non ancora pienamente redenti. In questo tempo Rut è chiamata/invitata da Boaz a rimanere “fedele” nei suoi campi al fianco dei suoi servi fino al completamento della mietitura (v.21). A differenza di quanto accaduto nel passato, stavolta anche Naomi riconosce l’importanza di non allontanarsi dai campi di Boaz che sono segno della grazia e provvidenza di Dio nei loro confronti e non farsi sorprendere in altri campi.

Come Rut anche noi viviamo in un tempo di mezzo tra il già liberati dal peccato da Cristo, ma non ancora pienamente redenti nel Regno eterno di Dio (Rm.8,22-25). Viviamo in un mondo ancora rovinato e corrotto dal peccato e dalle sofferenze.

In questo tempo, come individui e come chiesa, siamo chiamati a rimanere fedele a Cristo nostro redentore lavorando per il suo Regno insieme alla comunità dei credenti fino alla fine dell’età presente e non lasciarci sedurre dalle distrazioni del mondo o cercare soluzioni ai nostri bisogni altrove.

Se desideri un cambiamento autentico nella tua vita oggi stesso, umiliati davanti a Dio, confida nel sacrificio redentivo di Cristo e seguiLo con fedeltà ogni giorno fino alla sua seconda venuta!

Chi conserverà la fede fino alla fine riceverà il premio della corona di giustizia dal Signore (2 Ti. 4,6-8), ne abbiamo la certezza perché Cristo ha già vinto per noi. Chi persisterà nel peccare volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non ci sarà più alcun sacrificio che possa riscattare dai peccati ma solamente l’attesa del giudizio di Dio (Eb.10,26-27).


Grazie a tutti coloro che sostengono la Chiesa Breccia di Roma con le loro offerte.